Quadro storico di riferimento
La vita e l’opera di Stefanini si collocano pienamente negli sviluppi storico-politico-culturali dell’Italia e dell’Europa della prima metà del secolo scorso. Il periodo giovanile della sua produzione e del suo impegno lo vede confrontarsi con le passioni patriottiche e nazionalistiche (e le relative imprese coloniali), con fermenti letterari dannunziani, con il dominante idealismo, nel clima di un cattolicesimo intransigente e restio a fare i conti con la modernità. Non ignora il socialismo operaistico, le novità democratiche, le istanze del suffragio universale maschile e gli accesi contrasti ideologici che fanno da supporto alle varie posizioni.
La seconda fase della produzione stefaniniana si colloca nel contesto dell’involuzione totalitaria del fascismo e dei rapporti concordatari del 1929. Sono scarse le libere espressioni culturali: Enciclopedia Italiana, in parte, Croce e poco altro. Il clima è politicamente coartato entro schemi di un regime coinvolto, poi, infaustamente, nel secondo conflitto mondiale.
Qualcuno ha creduto di vedere una dissonanza tra gli anni di Stefanini a Treviso e i successivi a Padova. La continuità va ricercata nella costante preoccupazione per la presenza del pensiero cristiano nella cultura e nell’opera educativa della scuola ad ogni livello. Stefanini non era un politico, sebbene avesse viva la preoccupazione politica, era soprattutto un filosofo ed un professore impegnato nella metanoia dei suoi allievi attraverso la paideia. Negli anni tra le due guerre, come già sottolineato, è quasi l’unico pensatore cristiano in cattedra universitaria: il rifiorire della metafisica classica e dello spiritualismo cristiano sono fenomeni del secondo dopoguerra. Per trovare uno spazio per il pensiero cristiano all’interno della tradizione italiana occorreva risalire lontano, al Vico, e successivamente al Rosmini ed al Gioberti, al Manzoni. Poi si era operata una cesura. Al «risorgimento» succede, per usare un’espressione giobertiana, il «rinnovamento». La seconda metà del secolo XIX non vede più pensatori cattolici di rilievo.
La terza fase della produzione di Stefanini è collocata nel periodo della ricostruzione postbellica, con il ritrovato interesse per la dialettica democratica (sia nella cultura d’élite laica, cattolica e marxista, sia tra le masse), accompagnata dalla ripresa delle tensioni sociali nel riacquisito esercizio delle libertà civili. Il cosiddetto boom economico, l’estensione della scolarizzazione, le progressive conquiste sociali (nel lavoro, nella concezione della donna, nella partecipazione democratica di ceti sociali prima emarginati) e la diffusione della televisione, comportano per Stefanini l’obbligo di elaborare una risposta, sul piano della riflessione filosofica, ai vari problemi. La filosofia diventa “parola assoluta”: se i riferimenti all’idealismo, specialmente all’attualismo gentiliano, sono evidenti nella terminologia, nella sostanza del discorso filosofico il contesto è diverso Se per Giovanni Gentile l’autocreazione, l’autoctisi, è l’illusione dell’uomo che si pone al posto di Dio ed acquista parvenza di realtà solo sul piano estetistico, non certo su quello concreto della vita, la lettura degli esistenzialisti diventa fondamentale in Stefanini. Il risveglio dall’illusione attualistica, la consapevolezza di quella ‘sconnessione’ che diventa criterio interpretativo della realtà, in particolare di quella esistenziale, lo inducono a porre al centro delle sue riflessioni la persona e l’espressione che della persona è peculiare: la parola.